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Makalle - Macallè.

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Cartina dell'Etiopia

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La scuola consegue tanto meglio il proprio scopo quanto più pone l'individuo in condizione di fare a meno di essa.
(Ernesto Codignola)

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Dizionario di storia moderna e contemporanea

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MAKALLE

Capoluogo del Tigrè (Etiopia).

Fu residenza del negus Giovanni IV, che vi fece costruire dall'italiano Naretti un palazzo (ghebi) in stile composito. Occupata dagli italiani nel 1895, fu ripresa da Menelik II nel 1896 dopo una lunga resistenza della guarnigione comandata dal maggiore Galliano nel forte di Enda Jesus.

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Macallè.

Città (62.000 ab.) dell'Etiopia, capoluogo della provincia del Tigrè, a 2.062 m s/m., tra le valli del Ghevà e del Gabàt. È un mercato al centro di una fertile pianura dominata dal monte Endà Jesùs. - St. - Venne scelta come capitale dall'imperatore Giovanni IV. Occupata dagli Italiani nel 1895, entrò a far parte della Colonia Eritrea. Durante la guerra italo-etiopica fu uno dei primi obiettivi riconquistati nel 1935 dalle truppe italiane.

Tigrè.

Provincia (65.900 kmq; 3.593.000 ab.) dell'Etiopia settentrionale. È delimitata a Nord dall'Eritrea, a Est dalla depressione Dancala e a Ovest dal Sudan. Rispetto all'estensione dell'antica regione storica, l'odierno T. è stato privato della sua parte orientale concessa dal Governo alla regione degli Afar. Capoluogo: Macallé. Città principali: Aksum (dove si ritiene sia conservata l'arca dell'alleanza), Adua, Adigrat. La popolazione è formata in maggioranza da Tigrini, di abitudini sedentarie e di religione cristiana copta; comprende anche minoranze saho, tigrè e kunama. - Geogr. - Il T. è costituito dall'Acrocoro Etiopico Settentrionale, che comprende cime che superano i 3.000 m. È solcato da diversi corsi d'acqua affluenti del Tacazzé, che scorrono in direzione della Dancalia e formano valli profonde. Le precipitazioni sono abbondanti durante l'estate. - Econ. - Il sottosuolo è ricco di quarzi auriferi e di marmi sfruttati a livello industriale. L'economia della regione si basa fondamentalmente sulla coltivazione dei cereali (teff, frumento e orzo) e legumi e sull'allevamento di ovini, caprini e zebù.

Tigrè.

Ling. - Lingua semitica parlata nell'Eritrea nord-occidentale (da Massaua e dalle Isole Dahlak fino a Port Sudan) e occidentale (da Kassala fino ad Agordat e Cheren). Si tratta di una lingua orale che può contare su una vasta letteratura; si stima che sia parlata da circa 200.000 individui. Viene suddivisa nelle due forme dialettali, meridionale e settentrionale.

Tigrè.

Etn. - Nome con cui vengono indicate nella letteratura scientifica le popolazioni eritree di lingua t. Tra i gruppi tribali più importanti vi sono i Beni Amer, i Beit Asgade, i Mensa, i Marya e, parzialmente, i Bileni. Vivono per lo più dell'allevamento dei cammelli e degli ovini; in alcune zone praticano anche l'agricoltura. La maggioranza di essi professa la fede musulmana.

Negus.

Titolo attribuito, in Etiopia, al monarca.

Palazzo.

Edificio imponente per dimensioni e pregio architettonico, anticamente residenza di famiglie reali, nobili e signorili, oggi adibito soprattutto a sede governativa e a importanti funzioni pubbliche. ║ P. comunale: il Municipio. ║ I sacri p. apostolici: complesso della residenza papale. ║ P. del Tribunale, di Giustizia, talora anche della Ragione: sede del Tribunale. ║ P. dei congressi: grande edificio per conferenze, convegni e manifestazioni congressuali. ║ Dimora reale, e per esteso anche insieme delle persone qui residenti in virtù di un particolare ruolo o incarico; in tal senso vanno intese locuzioni come congiura di p., voci di p., decisioni di p., in cui p. non indica la sede del monarca ma il luogo delle scelte politiche e amministrative. - Arch. - Nell'antico Egitto la tipologia del p. si distingueva da quella degli altri edifici per la struttura più leggera e composita; il p. era costituito da un insieme di costruzioni di legno o di mattoni, a un piano, dagli ambienti imbiancati e spesso affrescati; erette al di fuori delle città, le costruzioni erano circondate da un'alta muraglia, che conteneva anche giardini e spazi aperti, isolando l'insieme dall'esterno. Tra i p. dell'antichità, notevoli erano soprattutto quelli mesopotamici, babilonesi, assiri e ittiti, accomunati dall'accentramento dei vari ambienti intorno a cortili. Importante innovazione dell'architettura assira fu la colonna, che comparve intorno all'VIII sec. nella loggia posta sulla facciata dei p. Centro tipico di una civiltà di corte, il p. ebbe un ruolo fondamentale nella vita culturale e politica persiana: i resti rintracciati a Persepoli mostrano come gli edifici si alzassero su enormi piattaforme circondate da mura e come le sale interne fossero riccamente decorate. In area mediterranea, e in epoca arcaica, i p. cretesi si presentavano come strutture aperte, prive di mura di cinta, organizzate su più piani e dotate di finestre, portici, scale e spazi accessori; diverso era il p. miceneo, organizzato attorno al mègaron e circondato da solide mura. Influenzato dalle forme medio-orientali appare il modello adottato nel periodo classico, mentre in età ellenistica anche il p. riproponeva il modello della casa a peristilio classica. Ma fu a Roma che, come conseguenza di un diverso assetto politico e di una diversa considerazione delle figure che incarnavano il potere, il p. assunse i connotati di un vero centro di ricchezza e comando, in misura del tutto sconosciuta alla tradizione greca: soprattutto in età imperiale divenne il simbolo del prestigio e della vastità dello Stato, sviluppandosi come un monumentale e articolato insieme di edifici, giardini, strutture architettoniche, ambienti riccamente affrescati, che raggiunsero l'apice con la celebre domus aurea neroniana. Anche i p. signorili riproponevano in piccolo questo lussuoso modello, ospitando giardini, tempietti e costruzioni di vario tipo. Varie testimonianze architettoniche della tarda antichità e dell'Alto Medioevo rivelano la contaminazione di modelli diversi, con la creazione di opere composite e spesso molto diverse fra loro. L'influenza classica, unitamente a quella bizantina, è rintracciabile anche nei p. reali medioevali, come quello di Carlo Magno, costruiti all'interno di cinte fortificate e comprendenti tutti gli edifici necessari alla vita della corte e dell'amministrazione, fra i quali primaria importanza rivestivano la cappella e la sala delle corti plenarie. In epoca romanica, in Italia il p. assunse l'aspetto di una casa fortificata, con torri e mura merlate, ma ingentilito da finestre a bifora o trifora e da vari elementi decorativi. Verso la fine del XIII sec. iniziò a diffondersi anche il modello del p. comunale di pianta rettangolare, a due piani, aperto quello inferiore e con una grande aula coperta quello superiore: il broletto. A partire dal XV sec., con il mutamento delle condizioni politiche e il venir meno delle esigenze difensive tipiche del periodo medioevale, i p. divennero emblemi della ricchezza e del prestigio delle ricche famiglie cittadine, costruiti in genere su due piani e dotati di cortile interno e vasto scalone di accesso. Col movimento barocco la tipologia di fondo dei p. cittadini non mutò, ma anche le mura esterne vennero arricchite con fregi e decorazioni, così da movimentare le superfici, talora già concave o convesse. Pure il Neoclassicismo, il Liberty e gli altri movimenti artistici succedutisi nei secc. XVIII-XX non mancarono di apportare i loro tratti tipici alle facciate e agli ambienti interni dei p., senza però stravolgere la struttura ormai codificata. Le ricerche e le tendenze architettoniche del XX sec. comportarono sostanziali modifiche delle tipologie e delle tecniche costruttive, in particolare degli edifici urbani; non è ormai più possibile parlare di p. nell'accezione tradizionale, mentre si affermano modelli e soluzioni abitative del tutto nuovi.

ghebì

ghe|bì s.m. dall'amarico gebbì.

Etnol. - In Etiopia, spazio interno di un recinto a cui si accede da un ingresso.

Insieme delle costruzioni circondate da palizzate che costituiscono la dimora di un nobile, di un'autorità o del re.

Compòsito.

Composto. - Per estens. - Costituito da elementi diversi. - Arch. - Di un ordine architettonico che fece la sua comparsa a Roma nell'età dei Flavi e trionfò con l'imperatore Settimio Severo. - Fotogr. - Fotografia c.: immagine risultante da una serie di pose parziali stampate sulla stessa carta, usando più negativi identici collocati in modo tale da assicurare la coincidenza delle immagini. - Aer. - Aeromobile di concezione intermedia tra l'aeroplano e l'elicottero.

Cartina dell'Etiopia

Cartina dell'Etiopia

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Etiòpia.

Stato (1.127.127 kmq; 69.314.000 ab.) dell'Africa orientale. Confina a Ovest con il Sudan, a Sud con il Kenya, a Est con la Somalia e la Repubblica di Gibuti, a Nord-Est con l'Eritrea. Capitale: Addis Abeba. Città principali: Harar, Gimma, Macallè, Gonder, Dessiè. Ordinamento: Repubblica presidenziale. Moneta: birr. Lingua: amarico; sono diffuse altre lingue semitiche (tigrè, tigrinio) e camitiche del gruppo cuscitico (galla, sidama, dancalo, somalo). Religione: predomina il cristianesimo copto monofisita; rilevante però il numero dei musulmani e dei pagani. Popolazione: comprende per un terzo Amhara e Tigrini, insediati nelle zone centro-settentrionali dell'altopiano, dove si registrano le densità maggiori; un terzo Galla, diffusi nella metà meridionale dell'altopiano; il resto Somali, Dancali, Sidama.

GEOGRAFIA

Il territorio è costituito prevalentemente da un vasto e tormentato altopiano, diviso in due parti dalla Fossa dei Galla, che fa parte del grande sistema di fratture dell'Africa orientale. Si distingue quindi l'altipiano etiopico, a Nord-Ovest, dall'altopiano somalo, a Sud-Est. Il primo ha un'altitudine media compresa tra i 1.500 e i 2.400 m; è caratterizzato dalla presenza di aspri massicci isolati, con cime appiattite e fianchi profondamente incisi dai corsi d'acqua (il Nilo Azzurro o Abbai, uno dei rami sorgentizi del Nilo; l'Om; l'Awash); culmina a 4.620 m nel Ras Dascian. Al centro del massiccio si estende il lago Tana, il più vasto dell'E. (3.600 kmq), da cui nasce il Nilo Azzurro. L'altopiano somalo raggiunge le maggiori altezze (Encuolò, 4.340 m) sul ciglione che incombe sulla Fossa dei Galla, per poi digradare uniformemente verso la regione somala. Nella parte centro-settentrionale del Paese, tra le pendici dell'altopiano e il Mar Rosso, si estende il bassopiano desertico e paludoso della Dancalia che nella parte settentrionale raggiunge i 116 m sotto il livello del mare. Il clima varia a seconda delle zone geografiche del Paese: caldo nei bassopiani e nelle zone più basse dell'altopiano somalo; temperato con abbondate piovosità sull'altopiano (medie di 18°C con escursioni limitate); freddo nelle zone più alte.

ECONOMIA

Le principali fonti di reddito dell'E. sono l'agricoltura e l'allevamento. Tra le colture industriali primeggia quella del caffè che nell'altopiano etiopico cresce spontaneamente e costituisce il più importante prodotto dell'esportazione. Le principali regioni produttrici sono Caffa, Limmu, Sidamo. Le colture alimentari includono cereali (frumento, orzo, mais, sorgo, tef), patate, legumi e frutta. Scarsa importanza hanno il cotone e la canna da zucchero. Molto diffuso è l'allevamento, che consente di esportare in larga misura cuoio e pelli. Le risorse minerarie si limitano ai giacimenti petroliferi dell'Uolleggà e a modeste quantità di oro. Scarsamente sviluppate le industrie manifatturiere (concerie, cotonifici, zuccherifici, lavorazione del tabacco).

STORIA

La prima organizzazione politica storicamente accertata fu il regno di Aksum, sorto nei primi secoli dell'era cristiana, durante i quali il Cristianesimo monofisita si diffuse nel Paese. Dal VII sec. fu soggetta alla penetrazione dei Musulmani che, stabilitisi nel Sud, rappresentarono un grave pericolo sotto Ahmed ibn Ibrahim (1529), vinto con l'aiuto dei Portoghesi. Dal XVI al XVIII sec. il Paese subì l'invasione dei Galli, che causò il frazionamento del territorio in piccoli Stati feudali. L'usurpatore Kasa (Teodoro II, 1855-1868), iniziò la restaurazione dell'autorità monarchica e dell'unità del Paese. Giovanni IV (1872-1879) ne continuò l'opera combattendo contro Menelik dello Scioa, gli Egiziani (1875-1876), gli Italiani (Dogali, 1887) i Mahdisti (1889). Le manovre coloniali delle potenze europee portarono l'Italia (maggio 1889) a imporre all'E. un trattato di protettorato (trattato di Uccialli) che il negus Menelik, potendo contare sull'appoggio della Francia, sconfessò, dando inizio a una controversia sfociata nella guerra italo-etiopica. L'opera riformatrice avviata da Hailé Selassié, divenuto imperatore nel 1930, subì una battuta d'arresto in seguito all'attacco sferrato dall'Italia fascista nell'ottobre 1935 e all'assorbimento del territorio etiopico nell'Africa orientale italiana. In seguito all'occupazione britannica del 1941, Hailé Selassié fu riportato sul trono. Ottenuto uno sbocco al mare, con la costituzione di una federazione con l'Eritrea (1950), fu avviata una politica tendente a modificare le vecchie strutture feudali del Paese. La necessità di una radicale ristrutturazione si palesò chiaramente in occasione del fallito colpo di Stato militare nel dicembre 1960. Consapevole dell'impossibilità di conservare intatte le prerogative autocratiche della monarchia, l'imperatore adottò provvedimenti liberaleggianti, tra cui l'aumento delle responsabilità del Governo e il ridimensionamento della posizione privilegiata del clero e dell'aristocrazia. Inoltre, in coincidenza con l'accesso all'indipendenza di numerosi Stati africani, Hailé Selassié impostò una politica di allineamento col neutralismo, avviando un'intensa attività diplomatica. I maggiori problemi che il Paese dovette affrontare in seguito derivarono, oltre che dall'opposizione interna, dalle controversie confinarie con la Somalia, le cui rivendicazioni territoriali portarono nel febbraio 1964 a gravi incidenti di frontiera. Il problema più grave fu costituito però dalle aspirazioni secessionistiche di una parte della popolazione dell'Eritrea, divenuta provincia dell'Impero nel 1962. Il contrasto si rivelò immediatamente sul piano socio-politico, data la maggiore emancipazione della popolazione eritrea. Fu costituito il Fronte di Liberazione Eritreo (FLE) che ricorse presto al metodo della guerriglia. Progressista, anti-israeliano (Israele forniva all'E. sostanziosi aiuti), il FLE si avvicinò sempre più agli Stati socialisti arabi, ricevendo forti aiuti soprattutto dalla Libia. Dopo alcuni clamorosi dirottamenti e attentati contro gli aerei dell'Etiopian Airlines, operati nel corso del 1969, l'azione del Fronte si concentrò all'interno del Paese. L'attività di guerriglia costituiva una minaccia diretta agli interessi statunitensi in E., Paese al quale erano indirizzati la maggior parte degli aiuti economico-militari degli Stati Uniti all'Africa. Data la particolare posizione personale di Hailé Selassié, promotore di numerose iniziative progressiste e neutraliste, egli godette anche dell'appoggio dell'Unione Sovietica, e nessuna organizzazione internazionale si espresse dichiaratamente a favore del FLE. Le tensioni e il malessere sociali, resi più drammatici dalla situazione economica aggravata dalla siccità, andarono aumentando sino a sfociare nel febbraio 1974 in sanguinosi scontri tra forze di polizia e dimostranti, scesi nelle strade per protestare contro l'aumento del costo della vita e per chiedere una svolta politica che ponesse fine al rigido conservatorismo del Negus. Si aveva inoltre un ammutinamento di giovani ufficiali di origine non aristocratica, banco di prova della "rivolta dei capitani" avvenuta il 30 giugno successivo, contro i maggiori responsabili politici dell'amministrazione, alcuni dei quali vennero arrestati, mentre il primo ministro Habté Wolde, che reggeva la politica del Paese da quattordici anni, venne destituito, minando seriamente il prestigio della classe politica legata all'imperatore e facente capo all'aristocrazia Terriera. Nei mesi seguenti aumentò il numero dei dignitari arrestati, mentre il vecchio imperatore sembrava al di sopra delle parti in lotta. Tutte le leve del potere vennero assunte dalla classe militare che nell'agosto successivo designava come nuovo primo ministro l'aristocratico radicale Michael Imru, riservando però i ministeri-chiave a esponenti delle forze armate. Infine, venne sferrato l'attacco decisivo alla stessa posizione dell'imperatore, privato di ogni potere in seguito all'abolizione del Consiglio della corona e deposto il 12 settembre 1974. Seguì, nel novembre successivo, una sanguinosa prova di forza con l'uccisione di una sessantina d'importanti esponenti del passato regime (per aver salva la vita l'ex imperatore doveva promettere di donare alla rivoluzione tutti i suoi beni, compresi gli ingenti capitali depositati nelle banche europee). Tra i giustiziati figuravano gli ex primi ministri Wolde, Makonnen, l'ex presidente del Consiglio della corona e il generale Aman Andom, divenuto capo provvisorio del Governo dopo la deposizione di Hailé Selassié, ma di tendenze troppo moderate e troppo legato agli Stati Uniti. Come nuovo uomo forte del regime s'impose il maggiore Menghistu, anche se la direzione del Governo fu assunta dal più anziano e moderato generale Tafari Banti. Il programma in dieci punti, reso noto dal Consiglio militare, pose come punto primo la necessità che l'E., contro ogni tendenza secessionistica, rimanesse un Paese unito. Fu costituito un partito unico nazionalista e socialista, mentre lo Stato avrebbe direttamente gestito l'economia. Il processo di rinnovamento procedette speditamente e nel marzo 1975 la giunta militare annunciò l'abolizione della monarchia, mentre fu annunciata la riforma dell'agricoltura che prevedeva la distribuzione ai contadini di tutte le terre confiscate. Inoltre, avanzando sulla via del socialismo, i militari, dopo aver proceduto a una serie di nazionalizzazioni nel settore bancario, finanziario e assicurativo, assunsero il controllo diretto anche nel settore industriale. A questi provvedimenti seguirono la rivolta dei feudatari (1975) e la repressione delle forze politiche di sinistra che avevano criticato il regime: il CELU (il sindacato più importante del Paese) venne messo al bando nel 1975 e l'EPRP (partito rivoluzionario del popolo etiopico) l'anno seguente. Nel 1977 il generale Tafari Banti venne giustiziato e Menghistu divenne capo supremo del Governo e dello Stato. Il nuovo capo di Stato riorganizzò la struttura politica del Paese creando un partito a sostegno del Governo, il MAESON (movimento socialista marxista panetiopico), e il sindacato panetiopico. Menghistu impose anche una svolta alla politica estera: nel 1977, dopo la decisione degli Stati Uniti di sospendere ogni aiuto militare ed economico all'E., cessò la collaborazione E.-USA e Menghistu si rivolse all'URSS e ai Paesi dell'Est. Nel 1981 l'E. riprese i contatti con l'Occidente e gli organismi internazionali (la Banca internazionale sbloccava i crediti dell'E., che negoziava un prestito col fondo monetario internazionale). Al di là di queste realizzazioni rimaneva tuttavia aperto e irrisolto il grave problema dell'Eritrea e dell'Ogaden (la parte occidentale della Somalia), dove le truppe etiopiche venivano sconfitte dal Fronte di Liberazione della Somalia Orientale (1977). Alla sconfitta militare seguì la rottura delle relazioni diplomatiche fra E. e Somalia. Nel 1984 Menghistu creò il WPE (Partito dei lavoratori etiopici) di indirizzo marxista-leninista e operò una grande campagna di alfabetizzazione e di ristrutturazione. Con il referendum del 1987 gli Etiopi approvarono la nuova Costituzione che trasformava il Paese in Repubblica democratica popolare. Nello stesso anno si svolsero le elezioni. Con la nuova Costituzione le 14 province vennero trasformate in 24 regioni amministrative e 5 regioni autonome: Eritrea, Tigré, Ogaden, Assab e Diredaua; ma l'Eritrea e il Tigré considerarono insufficiente l'autonomia loro concessa e proseguirono quindi le azioni di guerriglia contro il regime di Menghistu. Nel gennaio 1989 il Governo etiopico decise di dividere l'Eritrea in due regioni distinte: quella settentrionale, destinata ai cristiani, quella meridionale per i musulmani. Il colonnello inaugurò trattative di pace con i secessionisti del Fronte eritreo, mentre alcune personalità eritree, tra cui il sindaco dell'Asmara, formarono un comitato di pace per tentare di porre fine alla guerriglia. La politica di Menghistu non sembrava incontrare il favore popolare. Nel maggio 1989, in circostanze poco chiare, falliva un tentativo di golpe militare messo in atto da un gruppo di ufficiali. Gli scontri continuarono sempre più aspri negli anni successivi. Nel 1991 le forze ribelli del Fronte eritreo giunsero a controllare tutti i territori del Nord tranne Asmara, mentre quelle del Fronte Unito dell'E. liberarono due terzi del Paese, lasciando a Menghistu Addis Abeba e il Sud. Verso la fine del maggio dello stesso anno, si ebbe una svolta nella lunga vicenda del Paese: Asmara e Addis Abeba caddero sotto i colpi del Fronte Rivoluzionario per la Liberazione dell'E. e Menghistu fu costretto alla fuga. Il Partito dei Lavoratori, di osservanza marxista, venne sciolto e venne instaurato un Governo e un Parlamento provvisori, formato da rappresentanti di vari movimenti indipendentisti organizzati nel Fronte popolare democratico rivoluzionario del popolo etiopico (FPDRPE) guidato dal suo leader Meles Zenawi. Il nuovo regime dovette fronteggiare una disastrosa situazione economica e le aspirazioni secessionistiche degli Oromo, rappresentati politicamente dall'OLF (Fronte di Liberazione Oromo). Quest'ultimo decise di boicottare le elezioni dei consigli amministrativi del 1992 e, accusando l'EPRDF di violazioni dei patti e prevaricazioni, uscì dal Consiglio dei Rappresentanti. Alle elezioni non partecipò l'Eritrea che, guidata da un Governo provvisorio, si avviava verso l'indipendenza, sancita da un referendum nell'aprile del 1993 (V. ERITREA, STORIA). Nel 1995 il Fronte democratico rivoluzionario del popolo etiope vinse le prime elezioni multipartitiche, boicottate però dalla maggior parte dei partiti d'opposizione. Venne proclamata la nuova Repubblica federale, la cui presidenza fu assunta da Negasso Gidada; il presidente uscente Zenawi divenne primo ministro e i 17 membri del Governo furono scelti in modo da riflettere gli «equilibri etnici» del Paese. Nel maggio 1998 scoppiò il conflitto tra E. ed Eritrea per il controllo delle terre comprese tra i fiumi Tacazzé e Mareb. Le ostilità si intensificarono nel gennaio del 1999 con il bombardamento da parte dell'E. dell'aeroporto di Assab e di Massaua; solo nel giugno del 2000 i due Paesi firmarono il cessate il fuoco ad Algeri, confermato dalla pace, siglata sempre ad Algeri nel dicembre 2000. Oltre 70.000 persone perirono durante i due anni di guerra. L'accordo di pace prevedeva il ritiro dei due eserciti sulle linee precedenti l'inizio del conflitto; una forza di pace dell'ONU, stanziata in una zona di 25 km posta in Eritrea, ricevette l'incarico di controllare le operazioni con cui sarebbero stati fissati i nuovi confini. Zenawi fu rieletto premier nel maggio 2000. Nell'aprile 2001 l'università di Addis Abeba fu teatro di violenti scontri tra gli studenti, che protestavano contro una serie di decisioni antidemocratiche del Governo, e forze dell'ordine, che attuarono una repressione violentissima (almeno 38 furono i morti). La repressione si estese anche a uomini di spicco dell'opposizione che furono incarcerati. A maggio il capo dei servizi segreti e della sicurezza, Kinfe Gebre-Medhin, importante alleato del primo ministro Zenawi, venne assassinato ad Addis Abeba. Le consultazioni presidenziali dell'ottobre 2001 decretarono la nomina a presidente di Girma Wolde-Giorgis. In quell'anno il Fronte democratico rivoluzionario del popolo dovette occuparsi, tra le varie emergenze, della crisi agricola provocata dalla lunga siccità e della crisi sanitaria, che si manifestò con l'incombere di diverse malattie, tra cui meningite e colera. Nel maggio 2005 la popolazione etiope fu chiamata al voto per scegliere i deputati del nuovo Parlamento. Per la prima volta furono inviati 300 osservatori stranieri a sorvegliare sulla regolarità delle elezioni, le prime nelle quali i partiti di opposizione ebbero ampio spazio d'azione dopo la fine della dittatura di Menghistu. Caratterizzate dal notevole ritardo nella presentazione dei risultati e da sanguinosi scontri nei quali morirono decine di persone, le consultazioni riconfermarono premier Meles Zenawi. Intanto, nonostante la firma dell'accordo di pace e l'accettazione da parte di Eritrea ed E. di una commissione che si occupasse dell'assetto della zona di confine e dell'istituzione di una missione delle Nazioni Unite - UNMEE (United Missione Eritrea and E.) - in quella regione, la tensione tra i due Paesi continuò a essere elevata e nel novembre 2005 l'ONU lanciò un monito ai due Stati intimando loro di tornare agli accordi del 2000. Parallelamente si acuirono anche gli attriti mai sopiti con la Somalia, con cui l'E. era già entrata in guerra nel 1964 e nel 1977 a causa dell'Ogaden, regione dell'E. a maggioranza somala che, nel corso dei decenni, aveva tentato più volte di conquistare l'indipendenza. Non vedendo di buon occhio una Somalia unita e forte per timore di altre pretese, nel luglio 2006 l'esercito etiope, appoggiato finanziariamente dagli Stati Uniti, penetrò in Somalia per contrastare l'avanzata delle Corti islamiche, sospettate di collegamenti con al-Qaeda, che già si erano impossessate di Mogadiscio. Le truppe etiopi giunsero a Baidoa, sede del Governo di transizione somalo, e combatterono accanto alle forze governative locali per i successivi mesi del 2006. Attraverso ripetuti attacchi aerei, oltre che grazie all'azione delle forze di terra, l'E. condusse una decisiva campagna militare che portò al ritiro delle Corti islamiche. Dal febbraio 2007 i militari etiopi intrapresero il ritiro da Mogadiscio.

RELIGIONE

La popolazione dell'E., originariamente di religione animista, fu convertita al Cristianesimo verso la metà del IV sec. da Frumenzio ed Edesio. Come nella Chiesa di Alessandria, da cui dipendeva, il Cristianesimo dell'E. è di tipo copto e monofisita. Fu riformato, nel XV sec., dal re Zara Jacòb che sancì nell'unione delle due nature in Cristo, nella Trinità e nella Madonna, le tre verità fondamentali. Capo della Chiesa etiopica è il metropolita, detto Abuna.

LETTERATURA

La letteratura non presenta caratteri originali. Sono tuttavia degne di rilievo le traduzioni della Bibbia e dei Vangeli (V-VII sec.). Nel XV sec., col Regno di Zara Jacòb, scrittore egli stesso, si ha il periodo di maggiore fioritura, con l'accentuazione del carattere religioso. La letteratura etiopica decadde a partire dal XVI sec.

ARTE

L'architettura etiopica è caratterizzata dallo spiccato ritmo orizzontale degli edifici, decorati all'esterno con fasce sporgenti e rientranti. Si avvertono le influenze arabe, siriache, indiane e copte. Famosi il complesso monumentale di Aksum, le chiese di Lalibelà (XIII sec.) e i palazzi imperiali di Gondar (XVII-XVIII sec.), ispirati all'architettura portoghese. La pittura, derivata da quella copto-bizantina con qualche influsso occidentale, è rappresentata da affreschi su parete o legno, tempere, icone e soprattutto miniature su manoscritti. In genere, quando si parla di Arte Etiopica, la locuzione si riferisce esclusivamente alla cultura dell'Abissinia cristiana ed esclude tanto le culture cuscitiche quanto quelle nubiano-cristiane. L'arte etiopica si articola in tre fasi distinte: la "paleo-etiopica" che si riferisce alle manifestazioni del regno pre-cristiano di Aksum (primi secoli d.C.); la "medioevale" (dal VII al XVI sec.); la "moderna". Del periodo paleo-etiopico si conoscono gli edifici soltanto in pianta; essi avevano molto in comune con quelli del Sud-Arabia - il popolo etiopico era emigrato appunto da quella zona della penisola arabica - come gli esterni a fasce di muratura o di legno ora sporgenti ora rientranti, la scalinata esterna di accesso; il podio a gradini su cui si ergeva la costruzione. In questi edifici è evidente la trasposizione della tecnica costruttiva delle primitive capanne di fango in chiave monumentale. Si avevano altri due tipi di costruzioni, uno con due ingressi (a Nord e a Sud) e l'altro sprovvisto di scalinata di accesso. L'architettura medioevale è presente in E. con la Chiesa di Dabra Dammò, a due piani ma sempre con il tipico esterno a fasce alternate. L'interno è a tre navate con matronei e termina, in fondo, con tre absidi di foggia siriaca, cioè rettangolari. La cupola è a costole di legno, che al centro si chiudono in un umbone cilindrico. Dello stesso schema erano le chiese dell'Asmara, di Aramò, di Dar'à, ecc. Nel Lastà si trovano chiese scavate nella roccia, attribuibili al "periodo medioevale"; tipico esemplare di questa architettura è Imrahànna Kristòs dal cui tetto si eleva la grande cupola. Notevole è il complesso di Lalibelà formato da una serie di chiese fatte erigere dal re Lalibelà del XII sec. Queste costruzioni hanno pianta rettangolare, volte a botte oppure soffitti caratteristici a cupolette, archi a tutto sesto, finestrelle quadrate o di tipo indiano con la griglia intagliata in vari modi (a croce, a stella, a svastica). Esterno a croce greca ha invece la chiesa di Giyorgis e quella di Madhaniè 'Alèm è interamente circondata da un porticato. In ogni caso appaiono sempre gli esterni a fasce. Al periodo "moderno" appartengono le chiese a pianta rotonda ricoperte da un tetto di paglia a forma di cono; anche in questo tipo di chiese l'interno è tripartito con il sancta sanctorum al centro, circondato da un corridoio anulare - dove si sistemava il coro - e da una zona destinata ai fedeli. L'altare è sopraelevato e lungo le pareti si affacciano spesso gallerie. Esempi classici di questa architettura sono a Gondar o nel Goggiam (chiesa di Martula Maryam). Nella fase moderna, molti edifici etiopici risentono l'influenza portoghese; numerosi sono infatti le costruzioni quadrangolari, con torri ai lati, tetto a terrazza, più raramente a cupola, anche a tre o quattro piani. Questo schema è seguito sia nei palazzi dei ras che nelle chiese. ║ Pittura: non si può parlare che di pittura della fase medioevale; del periodo paleo-etiopico non esiste documentazione alcuna. Di norma si tratta di affreschi su parete o su legno raffiguranti di regola angeli, santi, re-santi spesso circondati da decorazione di stile geometrico. Le figure umane appaiono rigide e piatte, caratteristica questa dello stile locale. Più tardi, anziché all'affresco gli artisti ricorsero alla tempera su pelle o anche su tela: molti sono i sancta sanctorum decorati con tele dipinte e incollate direttamente sulle pareti. Nella chiesa di Tana Qirqos (Gondar) sono conservati 30 fogli di pergamena raffiguranti gli apostoli e vari santi. Ogni foglio è piegato a fisarmonica; ma esistono anche altri dipinti a tempera che formano dei trittici, dei dittici oppure delle semplici icone. Celebri sono alcuni evangelari miniati antichissimi; in E., infatti, la miniatura era in auge molto tempo prima che tra i bizantini. Le antiche origini della miniatura etiopica sono provate anche dal fatto che in esse non viene mai raffigurato Cristo in croce. Uno dei più famosi evangelari etiopici è quello di Apa Garima, forse dell'XI sec. Dopo il XV sec. l'arte della miniatura subisce varie influenze: armena, siriaca, copta, e, più tardi, anche bizantina. Si tratta comunque di una miniatura di tipo bidimensionale con figure piatte e circondate da decorazioni geometriche o di genere tessile; i colori sono opachi e pesanti. Nell'epoca moderna le figure, grazie alla penetrazione del gusto occidentale, assumono rotondità più plastiche perdendo quella rigidità tipica dei periodi precedenti. ║ Scultura: quest'arte si manifesta soprattutto nei fregi, che possono essere intagliati nel legno o nella pietra e spesso sono colorati. Più rari sono i rilievi che rappresentano per lo più figure umane (angeli o santi) e zoomorfe. Anche i rilievi sono quasi sempre colorati (facciata della chiesa di Dabra Mariam), come le formelle a motivi geometrici o zoomorfi che decorano il soffitto di Dabra Dammò. ║ Arti minori: notevoli i gioielli in filigrana e le croci da benedizione di legno intarsiato, dipinto e incrostato di metalli o di pietre dure. Anche le croci da processione, quasi sempre d'argento o di bronzo, presentano ottimi intagli a disegno geometrico o anche con figure di santi. Motivi geometrici compaiono sulle incisioni su metallo, tecnica ottimamente sviluppata nell'E. medioevale. Attiva è anche la produzione di ceramica, quasi sempre con motivi decorativi vegetali, zoomorfi o geometrici effettuati per mezzo dell'incisione. Dell'E. rimangono anche corone imperiali a cupola, in metallo e cuoio oppure di forma cilindrica in metallo lavorato a filigrana.

Etiopia: il lago Tana

Etiopia: il lago Tana

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Menelik II.

Imperatore d'Etiopia. Figlio di Hāyla Malakot, negus della Scioa, visse per oltre dieci anni come ostaggio dell'imperatore Teodoro II che aveva sconfitto suo padre conquistandone la terra. Nel 1865, alla morte dell'imperatore, M. poté rientrare in patria e proclamarsi negus dello Scioa: sul principio contese il titolo all'imperatore Giovanni IV, anche estendendo i confini del proprio Regno verso i territori dei Galla e verso l'Harar, poi ottenne, con accorte azioni diplomatiche, la nomina a suo successore grazie al matrimonio con sua figlia. Le relazioni amichevoli che aveva saputo costruire con diversi Paesi europei, tra cui l'Italia, assicurarono l'ascesa di M. al trono nel 1889, alla morte di Giovanni IV. In quel medesimo anno stipulò con l'Italia, che in particolare aveva fornito gli armamenti per le sue conquiste, un'intesa di collaborazione nota come Trattato di Uccialli. Tuttavia l'ambiguità di alcuni articoli, che prevedevano un protettorato italiano nei confronti dell'Etiopia, soprattutto nelle sedi internazionali, fornì l'occasione alle ostilità fra i due Paesi nel 1893. La guerra si concluse nel 1896 con la sconfitta italiana ad Adua, sancita dalla pace di Addis Abeba che pose fine al protettorato italiano in Etiopia (V. ETIOPIA e IMPERO COLONIALE ITALIANO). Affrancatosi dalla tutela occidentale, M. proseguì l'ampliamento del suo Impero verso Sud, unificando sotto il suo comando vari Regni feudali. Definì i confini d'Etiopia, con particolare cura rispetto a Somalia ed Eritrea, fondò la capitale Addis Abeba, intraprese la modernizzazione del Paese attraverso la costruzione di essenziali infrastrutture, come la ferrovia Gibuti-Addis Abeba, e l'adozione di riforme istituzionali, come la creazione del ministro del Governo e di scuole di tipo europeo. Non mancò di consolidare l'autonomia etiopica di fronte alle potenze europee con la stipula di trattati, anche di natura economica, ad esempio con l'Inghilterra, la Francia e la stessa Italia. L'appellativo "secondo", che unì al suo nome, aveva lo scopo di inserirlo in un ideale e tradizionale lignaggio che faceva risalire i re di Etiopia al leggendario figlio di Salomone e della regina di Saba, Menelik. Nel 1909 proclamò suo erede al trono il nipote Iyāsu (Ancober, Scioa 1844 - Addis Abeba 1913).

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Galliano, Giuseppe.

Ufficiale italiano. Difensore del forte di Macallé, cadde ad Abba Garima e il suo corpo non fu più ritrovato. Decorato con due medaglie d'oro, una delle quali alla memoria (Vicoforte, Cuneo 1846 - Adua 1896).

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